Falcone e Borsellino: una loro foto dovrebbe essere collocata in ogni scuola e in tutti i luoghi istituzionali.
Il 23 maggio è ormai una data simbolo nella lotta contro tutte le mafie. Dal 2002, in occasione del decennale della strage di Capaci, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in collaborazione con la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, invita le istituzioni e le scuole di tutta Italia a realizzare insieme iniziative di educazione alla legalità, che hanno il loro momento conclusivo proprio nell’anniversario del 23 maggio. E’ doveroso ricordare il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: due eroi, due esempi, la cui storia deve essere trasmessa ai bambini, che saranno i cittadini del domani. Ma la domanda è: i bambini di oggi conoscono davvero queste pagine dolorose della nostra storia recente?
Un’indagine, riportata qualche anno fa dal quotidiano nazionale “La Repubblica”, evidenzia un dato che deve far riflettere: i bambini e i ragazzi di oggi conoscono in maniera confusa e superficiale la storia dei grandi protagonisti della lotta alla criminalità nel nostro Paese. Conoscono quali furono le vicissitudini dell’impero romano, conoscono i protagonisti delle crociate e la politica di Barbarossa e se la cavano con date e personaggi più o meno fino alla Grande Guerra. Ma poi cominciano i problemi: e per ricordare, ad esempio, il tragico epilogo della vita di Giovanni Falcone, i ragazzi italiani fanno riferimento alle fiction viste in tv.
Alla domanda: “dove fu ucciso Giovanni Falcone?”, un terzo degli intervistati ha risposto che fu ucciso davanti alla casa di sua madre, confondendolo con Paolo Borsellino. Il nove per cento dei ragazzi ritiene invece che sia morto nella strage di Ustica, mentre ad aver risposto correttamente, ricordandosi di Capaci, è il 30 per cento di loro. Un’altra domanda che ha messo in difficoltà gli studenti riguarda l’agguato mafioso che costò la vita al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e a sua moglie. Secondo uno studente su tre, Dalla Chiesa è stato assassinato dai nazisti; il 24 per cento sostiene sia stato vittima di un attentato orchestrato dalle Brigate Rosse e il 21 per cento lo ritiene morto durante un bombardamento in Somalia. Non va meglio per gli eroi legati alla seconda guerra mondiale: il carabiniere Salvo D’Acquisto, sarebbe caduto nell’attentato contro Falcone (lo dice il 20 per cento dei ragazzi), o per mano delle Brigate Rosse (12 per cento) o addirittura ucciso dalla banda della Uno Bianca (33 per cento).
Di fronte a questi dati, sarebbe banale e quantomeno riduttivo, dare la responsabilità solo al mondo della scuola. Tutti noi siamo stati studenti e sappiamo che, per diverse motivazioni, il traguardo nello studio della storia è quello di “arrivare” alla seconda guerra mondiale, massimo al secondo dopoguerra. E’ chiaro che, a prescindere dal programma di storia, sarebbe doveroso trovare il tempo e le modalità per parlare di cultura della legalità, argomento che, per altro fa parte della disciplina “Cittadinanza e costituzione”. Ma lo abbiamo detto più volte trattando altre tematiche inerenti l’apprendimento: siamo proprio ben lontani dalla “buona scuola” . Ma il punto non è questo. Il punto è che, oltre agli insegnanti, i bambini hanno altri adulti di riferimento, primi tra tutti i genitori. E fosse solo per senso civico e per rispetto verso sè stessi e verso la propria identità, i genitori dovrebbero parlare ai propri figli di quelle pagine di storia contemporanea troppo spesso “dimenticate”. Potrebbero iniziare parlando di quel ragazzo, Peppino Impastato, che dalla piccola radio del suo paese, a Cinisi, gridava la verità su “Mafiopoli”; dovrebbero continuare raccontando di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, due giudici siciliani che, quando erano ancora adolescenti, giocavano a pallone nei quartieri popolari di Palermo, in mezzo ai figli di “Cosa nostra” e che da grandi hanno dedicato la loro vita alla lotta alla mafia; dovrebbero parlargli di Rocco Chinnici, che ha lavorato senza tregua nel pool anti-mafia e di Giuseppe Montana e Ninni Cassarà , stretti collaboratori di Falcone e Borsellino; dovrebbero ricordare, insieme ai loro figli, gli uomini della scorta di Falcone e Borsellino, uccisi durante il compimento del loro dovere e di quella giovane donna di nome Emanuela Loi, i cui sogni sono saltati in aria quel maledetto 19 luglio 1992. Cominciamo dunque da qui, a raccontare di loro. Trasmettiamo alle nuove generazioni il loro impegno e soprattutto il senso del loro sacrificio. E facciamolo non solo durante la giornata della legalità, facciamolo in tutte le occasioni in cui si deve insegnare ad un bambino “a fare la cosa giusta”, ad assumere “un atteggiamento corretto” verso sè stessi e verso gli altri. Perché la mafia è soprattutto un atteggiamento, un modo di vivere ed è quello dobbiamo combattere, ogni giorno.
A mio avviso l’immagine di Falcone e Borsellino dovrebbe essere collocata in tutte le scuole italiane e in tutti i luoghi istituzionali, accanto a quella del Presidente della Repubblica. Come ricordo ma soprattutto come richiamo “a fare sempre il nostro dovere”. I loro volti, leali e onesti, dovrebbero essere visibili in ogni parte d’Italia. Non solo in Sicilia, non solo al sud. Anche in quei paesi di campagna dove parlare di mafia sembra una nota stonata. Non possiamo permettere che tra vent’anni, il 23 maggio e il 19 luglio, date che hanno segnato la storia del nostro Paese, siano solo un ricordo di chi avrà i capelli grigi. Una foto non è molto rispetto a quanto hanno fatto per noi ma è un inizio: i bambini chiederanno chi erano e noi adulti faremo il resto.
Donatella Manna