Origini e Tradizioni della “Festa di San Martino”.
“Pi San Martinu ogni mustu diventa vinu”
L’undici novembre tradizione vuole che si festeggi San Martino, festa definita anche col nome di “Estate di San Martino” in quanto associato al periodo autunnale in cui le condizioni climatiche regalano ancora belle giornate. Durante questo periodo venivano rinnovati i contratti agricoli annuali, da ciò deriva il detto fare San Martino, cioè traslocare. Tradizione vuole che per questo periodo vengano aperte le botti per il primo assaggio del vino nuovo, abbinato alle prime castagne di stagione. Numerose sono le sagre e le feste in tutta Italia per l’11 novembre, particolare quella di Venezia dove i bambini fanno un gran fracasso con coperchi e pentole chiedendo alle persone qualche moneta in cambio di una filastrocca dialettale per potersi comprare un dolce tipico a forma di San Martino. Nell’ambito strettamente religioso, San Martino era un vescovo di Tours del IV secolo, uno dei santi più celebri fin dal Medioevo, nato nel 316 nell’antica Pannonia (fra Ungheria e Austria), patrono della città di Belluno, visse da bambino a Pavia e poi una volta monaco visse vicino a Milano ed in Liguria sull’isola Gallinaria; morì l’8 novembre del 397 nelle Gallie, ma lo si festeggia giorno 11 in quanto giorno del suo funerale svoltosi a Tours. Al nord Italia ricorre il detto “Chi no magna l’oca a San Martin nol fa el beco de un quatrin!”, è usanza per San Martino mangiare l’oca, tradizione che deriva da una leggenda medievale sulla vita di S.Martino che quando venne eletto vescovo di Tours si nascose in campagna continuando a vivere come semplice monaco, ma furono le strida di uno storno di oche che permise agli uomini di ritrovarlo e a quel punto, per forza di cose, accettò di diventare vescovo. Tante altre ancora sono le tradizioni e le usanze sparse in tutto lo stivale per una giornata ricordata anche dal poeta Giosuè Carducci con la sua celebre “San Martino” scritta nel 1883 che recita così:
La nebbia a gl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;
ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor dei vini
l’anime a rallegrar.
Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando
sta il cacciator fischiando
su l’uscio a rimirar
tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.